LUCA BALDELLI
SESSANTA ANNI NELLA CERAMICA
Lo studio delle
cosiddette “arti decorative” ha ricevuto attenzioni alterne – per non
dire marginali – rispetto alle vicende che riguardano le grandi
correnti artistiche. Lo stesso termine “decorativo” – applicato alle
arti visive – denota oggi quasi un’assenza di pensiero, in favore di
una superficialità senza pretese. Insomma, la decorazione è considerata
perlopiù una forma d’arte minore, nonostante i numerosi artisti che
l’hanno praticata (Leoncillo, solo per rimanere nel raggio di pochi
chilometri da Città di Castello, o Picasso), le mostre organizzate in
tempi non sospetti (si pensi alla storica Les années “25”: Art
Déco/Bauhaus/Stijl/Esprit Nouveau, allestita nel 1966 al Musée des Arts
Décoratifs di Parigi), i musei inaugurati (su tutti il Victoria and
Albert Museum di Londra) e i corsi universitari attivati sul tema.
Esistono, dunque, numerosi episodi che hanno contribuito a smentire il
luogo comune di cui sopra, testimoniando come la “spensieratezza”
dell’atto decorativo possa correre di pari passo con perizia manuale e
coerenza programmatica. L’attività artistica di Luca Baldelli ne è un
limpido esempio. Il suo percorso può essere più facilmente interpretato
alla luce di una tradizione di famiglia che lo ha legato fin da giovane
alla ceramica: la bottega del padre, Dante Baldelli, ha rappresentato
nel secolo scorso un punto di riferimento per la lavorazione e la
produzione di oggetti in ceramica, anche al di là dei confini
nazionali. Di più: un vero e proprio laboratorio creativo, attorno al
quale gravitarono figure centrali dell’arte italiana del Novecento come
Alberto Burri, Piero Dorazio e, non ultimo, Corrado Cagli, il quale,
assieme allo stesso Dante, aveva già in precedenza messo le proprie
qualità artistiche al servizio delle Ceramiche Rometti, le cui
produzioni degli anni Trenta risultano “di grande qualità formale e
inventiva, tra le più originali del decennio, sia per invenzione sia
per esecuzione”, come ricorda lo storico dell’arte Fabio Benzi.
Cresciuto dunque “dentro la ceramica”, Luca Baldelli si è avvicinato
all’arte plastica e decorativa attraverso un apprendistato spontaneo e
naturale, quasi inevitabile, favorito anche dalla presenza di un altro
“tutore” di tutto rispetto: lo zio Giovanni Ciangottini, peraltro
allievo di Giorgio Morandi a Bologna. In oltre quarant’anni di
attività, Luca Baldelli è riuscito a individuare una propria cifra
stilistica, senza tuttavia mollare la presa rispetto a quella “via
altotiberina”, all’arte che i suoi predecessori hanno contribuito a
delineare. In occasione dei sessant’anni compiuti nel 2013, la storica
Galleria delle Arti di Luigi Amadei, a Città di Castello, dedica a Luca
Baldelli una mostra nella quale vengono presentate alcune delle sue più
recenti produzioni, molte delle quali inedite. Nonostante siano stati
realizzati nell’arco dell’ultimo decennio, gli oltre venti lavori
esposti – introdotti da due pezzi del padre Dante e del fratello
Massimo, sentito omaggio da parte di Luca alle proprie “radici”–
costituiscono una summa del percorso di Luca Baldelli: in primo luogo
per l’utilizzo della ceramica come supporto, con un recupero
dell’antica tecnica dell’ingobbio; ma anche – e soprattutto – per la
modalità d’intervento sulla superficie. Le “piastre” di ceramica che
compongono il percorso espositivo diventano infatti un campo operativo
sopra il quale si riversa il segno di Baldelli: una scrittura vibrante
e ininterrotta, capace di sottrarsi a una rigida progettualità e
trasformarsi in flusso automatico, mantenendo tuttavia il controllo su
linee, forme, colori. Un’improvvisazione disciplinata su uno standard
collaudato, come nella migliore tradizione dell’espressionismo
astratto. L’atto decorativo di Luca Baldelli non risente di complessi
di inferiorità. I suoi “quadri di ceramica” sono manufatti alla ricerca
deliberata dell’impatto visivo, votati all’annullamento “del prosaico
peso delle cose”, secondo una felice espressione di Enrico Mascelloni
utilizzata proprio a proposito del lavoro di Baldelli. In un periodo
nel quale gli artisti, talvolta, tendono ad appiattirsi su vuoti e
pretenziosi concettualismi, Luca Baldelli recupera il piacere dei sensi
e del gesto, il dinamismo della linea e la vibrazione del colore,
plasmando forme prive di briglie che nobilitano l’oggetto sul quale si
posano – sia esso un piatto o un vaso – affermando ancora una volta il
valore creativo intrinseco a ogni gesto decorativo che sia autentico e
coerente. Saverio Verini
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